Errori grammaticali: l’italiano non rientra mai nelle classifiche delle lingue più difficili da apprendere o di quelle dalla grammatica più complessa al mondo, vinta dalla concorrenza di avversari di ben altro calibro quali il cinese mandarino, l’arabo, il finlandese e il coreano, giusto per citarne alcuni. Ciò non toglie che nasconda le sue insidie, anche (a volte soprattutto) per gli italiani stessi, che invece dovrebbero conoscerla alla perfezione.
Una lingua, un mare di sviste
Tanto nello scritto quanto nel parlato si tende a fare qualche strafalcione, nel migliore dei casi. Nel peggiore, si commettono scempi che restano impuniti, se non tra i banchi di scuola e con un insegnante armato di buona volontà e penna rossa a evidenziare ogni svista. Ma la scuola dura pochi anni, alcuni studenti si applicano meno di altri e alla fine gli errori dilagano, indisturbati e non corretti. Li ascoltiamo nelle conversazioni quotidiane e alla televisione, li leggiamo online, nei quotidiani e in chat e molti nemmeno se ne accorgono, convinti che si tratti del modo giusto esprimersi.
Ma quali sono, a conti fatti, gli errori grammaticali che vengono commessi più di frequente?
I dieci errori grammaticali più comuni
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- Qual è o qual’è è una nota dolente per molti, troppi. La grafia corretta dovrebbe, in teoria, essere ‘qual è’, senza apostrofo. Si tratta infatti di un troncamento, definito dalla Treccani come “la soppressione di una vocale, di una consonante o di una sillaba alla fine di una parola” per la quale non è previsto l’uso dell’apostrofo, e non di un’elisione, fenomeno simile che consiste nella soppressione di una vocale alla fine di una parola e che, invece, l’apostrofo lo vuole. Tuttavia, esistono fior fiori di autori e linguisti che rivendicano la correttezza di ‘qual’è’. I vari punti di vista sulla questione, largamente dibattuta, possono essere trovati in questo articolo.
- Un po’ / un po / un pò. Tante versioni, una sola corretta: un po’.
- Alla luce di quanto scritto finora, non sorprende che l’apostrofo sia un altro avversario ostico. La regola vuole che negli articoli indeterminativi (un, uno, una) l’apostrofo sia utilizzato quando segue un sostantivo femminile che inizi per vocale. Quindi ‘un’amica’ e non ‘un amica’, così come si scrive un amico e non un’amico.
- Ne e né. L’accento cambia tutto: ‘né’ è una negazione (“Non voglio né questo, né quello”), mentre ‘ne’ può essere un avverbio di moto da luogo (“Credevo che non ne sarei uscito vivo”) oppure un pronome personale utilizzato come sostituto di ‘di ciò, da ciò, di questo, da questo’ (“Ne parlerò con loro”).
- La punteggiatura, questa sconosciuta. L’italiano è una lingua prolissa, ricca di periodi subordinati e coordinati, il cui senso logico finirebbe col perdersi senza l’uso di simboli di interpunzione a dettare il ritmo e imporre pause più o meno forti.
Eppure, spesso le virgole vengono messe a caso o non messe affatto, i punti si perdono nel mare di lettere, il punto e virgola molti non sanno quando debba essere utilizzato, i puntini di sospensione vengono abusati, così come il punto esclamativo e quello di domanda.
- C’è chi ritiene che il congiuntivo non abbia motivo di esistere. È probabile che (il sentimento sia reciproco) la persona in questione non sappia coniugarlo.
Il congiuntivo è il modo verbale della possibilità e dell’incertezza, che si usa per esprimere dubbi e ipotesi (“Che sia opera sua?”), ma anche auguri e desideri (“Spero che tu possa realizzare tutti i tuoi sogni”), esortazioni e ordini (“Esca immediatamente!”). Non viene usato spesso e, peggio ancora, a volte viene sostituito con il condizionale (chi può vantarsi di non aver mai sentito dire “se avrei”?), anche se, è bene dirlo, in alcuni casi è ammesso il se + condizionale.
- Quasi tutti hanno scritto ‘squola’ almeno una volta. Confondere le lettere C e Q è il tipico errore dei bambini che stanno imparando a scrivere, uno di quelli che riesce a strappare un sorriso anche ai maestri più esasperati. È meno divertente quando, a farlo, sono gli adulti.
- Gli / le. L’uso dei pronomi è qualcosa su cui gli italiani tendono a confondersi spesso, benché la regola sia semplice. ‘Le’ si utilizza per riferirsi a soggetti femminili (“Le ho riferito la notizia”), mentre ‘gli’ per quelli maschili (“Gli ho detto che non può farlo”).
- La D eufonica. C’è chi la usa troppo e chi non la usa affatto. La verità è che va usata con parsimonia: ‘ad’, ‘ed’ e ‘od’ si usano solo quando sono seguite da una parola che cominci con la stessa vocale (“Ed ecco”).
- Sia nello scritto che nel parlato, alcune parole vengono storpiate: lettere sostituite, consonanti sparite nel nulla, apostrofi aggiunti o tolti . I ‘purtroppo’ diventano ‘pultroppo’, i ‘proprio’, ‘propio’, i ‘d’accordo’, ‘daccordo’, e così via.
- Qual è o qual’è è una nota dolente per molti, troppi. La grafia corretta dovrebbe, in teoria, essere ‘qual è’, senza apostrofo. Si tratta infatti di un troncamento, definito dalla Treccani come “la soppressione di una vocale, di una consonante o di una sillaba alla fine di una parola” per la quale non è previsto l’uso dell’apostrofo, e non di un’elisione, fenomeno simile che consiste nella soppressione di una vocale alla fine di una parola e che, invece, l’apostrofo lo vuole. Tuttavia, esistono fior fiori di autori e linguisti che rivendicano la correttezza di ‘qual’è’. I vari punti di vista sulla questione, largamente dibattuta, possono essere trovati in questo articolo.
Come rimediare
Per cercare di commettere meno errori grammaticali, riprendere in mano i libri di scuola farebbe bene a molti. Se proprio non si vuole tornare alle basi, leggere molto e con attenzione può senza dubbio aiutare.
La grammatica si studia a tra i banchi ma, come già detto, la scuola non dura per sempre e la si frequenta a un’età in cui molti non sono interessati a queste genere di cose. Tuttavia, può essere utile, per i più interessati e meticolosi, anche frequentare corsi appositamente dedicati.
Il nostro elenco di errori non pretende di essere esaustivo e se vuoi integrarlo con tue osservazioni, scrivi a scuolapassaggi@gmail.com